Il giornalismo degli algoritmi è ancora bene comune?

Il giornalismo si sta trasformando e in particolar modo quello digitale. Ne hanno parlato in questa edizione del Festival Glocal Michele Mezza, direttore del Pollicin Academy, Giulio Giorello filosofo e matematico italiano insieme a Mario Tedeschini Lalli giornalista e fondatore dell’Offshore Journalism Toolkit.
Il tema è quello del giornalismo, professione sempre più automatizzata. Michele Mezza ha parlato di algoritmi  ormai diventato sinonimo di controllo sociale. Oggi la potenza di calcolo sostituisce l’opinione pubblica riuscendo a segmentizzare e ricostruire le comunità, influenzando gli utenti. Così come abbiamo appreso anche dallo scandalo di Facebook e Cambridge Analitica. Il che porta a chiedersi se sia possibile arrestare questa automazione e come sia possibile farlo. Oggi infatti quello che manca in rete è un modo per negoziare il calcolo, l’algoritmo. Solo i proprietari degli algoritmi e delle piattaforme sono in grado di decidere i linguaggi e solo loro sanno come raccogliere i dati e come si usano.


Mario Tedeschini Lalli suggerisce che il mercato dei dati ha bisogno di essere regolato con delle leggi. Per combattere il monopolio dei dati è necessario obbligare le grandi piattaforme a condividere questi con terzi così da garantire l’accesso a tutti. Oggi abbiamo compreso che il rapporto uomo-macchina è cambiato. La ricerca e lo studio di una database trasparente e negoziabile, un algoritmo come bene comune, è una missione apprezzabile ma è una battaglia difficile di cui non è sicuro il successo.
A concludere il dibattito la provocazione sollevata da Giorello. Perché se non si dovesse riuscire a governare gli algoritmi, si sarebbe nella posizione di dover scegliere tra questi ultimi e la democrazia. Un tema cruciale per il futuro della società.

Valentina D’Ippolito

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