La generazione della “bassa risoluzione”

“Tendiamo a incolpare la tecnologia, in realtà gli strumenti digitali enfatizzano alcuni comportamenti che già appartenevano in passato all’uomo”. Così Massimo Mantellini, scrittore ed esperto della rete internet italiana, in apertura del primo incontro dedicato all’informazione sociale in occasione del Festival Glocal 2018. L’incontro, tenutosi questo pomeriggio nella Sala Verde CSV Insubria è stato diretto da Paola Provenzano, responsabile comunicazione Cesvov. Mantellini sostiene che la nostra generazione è quella della “Bassa risoluzione”. La tecnologia ha generato una tendenza verso la superficialità, che ormai pervade la nostra società. Un esempio è la musica: oggi si ascolta la musica anche attraverso strumenti digitali, a bassa risoluzione, mentre in passato si ricercava un impianto audio che potesse generare un suono di alta qualità.

Questo aspetto pervade tutti gli ambiti della quotidianità e persino l’informazione. Basti pensare che oltre 30 milioni di persone “hanno scelto di informarsi tramite Facebook, condividendo opinioni che sembrano vere”. Le così dette fake news o le notizie pubblicate dai “siti farlocchi” vengono considerate rilevanti e attendibili dagli utenti del social network tra i più influenti del momento, lasciando dietro le quinte il valore delle vere testate giornalistiche. A questo proposito Mantellini ha citato la famosa frase di Umberto Eco, secondo il quale “con i social si dà la parola agli imbecilli”. Rispetto a questa affermazione, Mantellini ha sostenuto che il problema non sono gli “imbecilli” in sé che hanno libertà di esprimersi attraverso internet, ma la colpa è di quelle persone che seguono la gente “imbecille” e che danno credito e importanza alle notizie o alle idee della gente stolta. In questo caso, “essere in rete è più un danno che un valore” e per questo motivo “è essenziale lavorare culturalmente anche sulla rete”. Per concludere, Mantellini ha sostenuto che l’avvento della tecnologia ha certamente portato con sé alcuni valori che dobbiamo però ancora “dobbiamo metabolizzare”.

Federica Pantaleo

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