“Stanno vincendo le tre s: sesso, sangue e sport”

L’ultimo anno dell’informazione digitale è stato anno di cambiamenti. Dall’algoritmo, tema inflazionato, all’adeguamento della legge sulla privacy. Variazioni tecniche hanno comportano variazioni strumentali accomunate sempre dallo stesso sentimento: chi riceve il contenuto si sente fregato.
Cosa è realmente cambiato in un anno a livello tecnico, specialmente in riferimento ai social? Questa la domanda cui Davide Cionfrini, Daniele Chieffi e Andrea Poretti hanno cercato di rispondere moderati da Silvia Giovannini.
Da marzo è cambiato intanto l’algoritmo di Facebook. Un cambiamento che – a livello di interazione aziendale – si può riassumere nel concetto “no budget no party”. Oggi è la capacità di investimento in sponsorizzazioni sulle pagine social a fare la differenza. Prima del cambio dell’algoritmo a marzo la portata di ogni pagina Fb organica era del 6-7 %, oggi è tral’1 e il 2%. La di differenza è dunque il budget aziendale a disposizione per questi movimento. Oltre ovviamente alla capacità di produrre interazione e prodotti di qualità. Seppur si è consci della portata ridotta è sempre utile generare interazione su di essa. A “funzionare” oggi sono infatti i contenuti market – i contenuti del “momento”.

La nuova visione dell’informazione digitale ha anche permesso di sconfiggere il fenomeno delle fake news: Facebook è passato da un atteggiamento attivo di possibilità di segnalazione a uno passivo: oggi non si può segnalare più, sta all’utente capire la veridicità o meno del contenuto. Prima, aumentando le segnalazioni, l’effetto dell’algoritmo creava un processo opposto: la fake news era resa più virale dalle interazioni di segnalazione.
I social sono l’arma più potente anche in termini di proprietà industriali, questi profili sono stati anche tutelati e blindati a livello di sicurezza. Il cambiamento dell’algoritmo ha però avuto effetti collaterali a livello di informazione: ossia la sua influenza sul modo in cui viene rappresentata la realtà. La realtà ormai non è più come è ma viene costruita su quello che si sceglie di fruire sui social.
Ciò è stato dimostrato anche dall’Università di Dublino con uno studio svolto su come l’interazione con i contenuti potesse cambiare la percezione sull’immigrazione.

L’interazione con un contenuto contrario all’immigrazione faceva registrare all’algoritmo la fruizione a un contenuto di cronaca nera con la parola immigrato nel tag. Le fruizioni successive proponevano contenuti sempre più simili, in un iter in crescendo che portasse a distorcere la percezione a causa appunto dei contenuti apparsi sullo stream creando la bolla comunicativa.
Il sistema algoritmico sta dunque entrando nella costruzione della realtà intaccando le modalità di lavoro di chi la comunicazione la fa. Siamo nella guerra per l’attenzione e si è arrivati a ragionare in tema di bolle comunicative in cui le persone vanno a rifugiarsi.
Il comunicatore è dunque vincolato a dover partire dal presupposto di dover percepire prima e comunicare poi quanto sia interessante per il pubblico e non per quello da lui ritenuto rilevante. La conseguenza è ricercare e seguire un gusto e un interesse non sempre culturalmente elevato, tipico dei social. Un problema anche etico e deontologico per il comunicatore e il giornalista. Perché oggi sui social stanno vincendo le tre ‘S’: sesso, sangue e sport.

Edoardo Colombo

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