Il lavoro del futuro sarà sempre più complesso

Il mondo del lavoro è in continua evoluzione. Il cambiamento è molto rapido e crea una profonda ansia nei lavoratori. Non esiste più linearità, sia per quel che riguarda la velocità che per i tempi e le modalità. Ma esistono ancora dei punti fermi?

Convivere con la complessità

«Qualche punto fermo lo avevamo trovato, poi è arrivata la pandemia che ha scompigliato tutto». A dirlo è Luca De Biase, giornalista de Il Sole 24 Ore, che insegna a narrare i lavori del futuro agli studenti del master di comunicazione della scienza dell’Università di Padova. «Al tempo dei nostri genitori la vita era lineare. Sapevano che i loro figli sarebbero stati meglio di loro». Oggi non è più così: il mondo del lavoro, del resto, è sempre più complesso. «Ma bisogna imparare a convivere con questa complessità», continua De Biase.

Ecco perché il suo corso si concentra sulle storie in grado di raccontare il futuro del lavoro. Perché per capire come saranno le professioni del futuro si può solo osservare il lavoro del presente: «dobbiamo guardare chi oggi ci sta sbattendo la testa. Solo la sua esperienza può insegnare come cambia di continuo il mondo del lavoro», spiega De Biase. Ad accelerare questa evoluzione, poi, ci sta pensando il cambiamento tecnologico, che sta modifica le modalità di svolgimento del lavoro. Ma sta anche generando nuove esigenze di tutela legate ai vuoti normativi: il lavoro da remoto, ad esempio, è un mondo ancora tutto da disciplinare.

«Si capisce allora qual è la grande sfida che ci attende. Il lavoro del futuro è progettare il lavoro del futuro, cercando di trovare il modo di definirne la complessità», conclude De Biase.

Il futuro del lavoro passa dall’Università

Per il Rettore della LIUC Federico Visconti bisogna guardare al passato per capire come evolverà il mondo del lavoro. «Ogni cambiamento ha radici molto solide nel passato. Ma oggi non è facile parlare con gli studenti del passato: ad esempio, ci sono tante difficoltà a discutere di Petrarca, tra qualche anno toccherà a Pirandello». Per Visconti però non basta lavorare solo sui piani di studio: «agli studenti bisogna dare un metodo, perché il mondo del lavoro cambia rapidamente e loro devono rimparare continuamente».

Secondo il Rettore, purtroppo, gli italiani non possiedono una visione a lungo termine, e questo è un altro errore. «Dobbiamo equilibrare le tensioni al futuro», continua Visconti, che evidenzia una delle più grandi responsabilità dell’Università: «stare vicino al formarsi dei bisogni nati sul mondo del lavoro. Come? Attraverso la ricerca. Ma anche creando le condizioni per esercitarsi all’interno dell’Università».

L’imprenditore indica la via

«L’imprenditore è la figura da sempre più in grado di gestire il cambiamento ad alta velocità». Emilio Paccioretti, startupper della cultura, suggerisce di guardare alle startup per farsi un’idea sul lavoro del futuro. «Dei giovani ho un’idea molto positiva, incontro spesso delle persone eccezionali. Hanno bisogno di un lavoro che li motivi e li metta al centro, che li realizzi», dice Paccioretti.

E una professione che può valorizzare i giovani è proprio quella dell’imprenditore. «Bisogna ragionare sulla cultura imprenditoriale e farla arrivare a tutti i livelli», conclude lo startupper. Che spiega anche come rintracciare la cultura imprenditoriale nei giovani:«basta vedere se hanno le tre A, quelle di azione, di autonomia e di autostima».

 

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