«Il tempo delle piattaforme è già qui, ma per studiarle serve un nuovo approccio»

Gli Stati nazionali non sono più in grado di gestire la complessità. È a partire da questo assunto che si svolge l’incontro “Il tempo delle piattaforme”, un’occasione per discutere del rapporto tra il giornalismo e le grandi piattaforme di distribuzione di contenuti online.

Tra i primi a intervenire c’è Massimo Russo, Chief Product Officer Europe di Hearst e Direttore di Esquire Italia, che a questi argomenti ha dedicato addirittura un libro, “Statosauri”. “Non dobbiamo temere questo momento: l’innovazione è da sempre uno dei più potenti ascensori sociali che abbiamo a disposizione – sottolinea Russo -. La questione semmai è un’altra: stiamo passando da un vecchio ordine a uno nuovo che ancora non si vede, e dobbiamo essere in grado di governare questo particolare momento storico. Non possiamo continuare ad utilizzare paradigmi del passato“.

Un argomento che conosce bene anche Carola Frediani, giornalista e Cybersecurity Engagement Manager, che mette in guardo sul delicato equilibrio tra potenzialità e rischi di questi strumenti. “Capisco perfettamente la preoccupazione verso il potere che stanno acquisendo le piattaforme, ma allo stesso tempo alcuni Stati stanno utilizzando questi strumenti per riaffermare le proprie capacità di controllo – spiega Frediani -. Tutto quello che può essere inteso come allargamento e aumento della libertà di espressione può anche essere utilizzato però per aumentare il controllo e la sorveglianza: la sovranità digitale può essere scambiata per un tentativo di alcuni stati totalitari di censurare e reprimere la libertà di espressione creando una rete interna e controllando ogni mezzo di informazione”.

Una discussione che non riguarda solo l’Italia ma tutti i paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti. “L’amministrazione Biden è cosciente che le grandi piattaforme sono quasi tutte americane e questo è un grande vantaggio geopolitico internazionale per gli Stati Uniti – ha ricordato Gianni Riotta, direttore del Master in Giornalismo della Luiss -. I radicali del partito democratico vedono spesso nelle piattaforme uno strumento di cui bisogna diffidare. Allo stesso tempo, nella destra radicale le piattaforme che hanno censurato Donald Trump nel 2020 sono guardate con altrettanta antipatia. Ricordiamoci però che la storia dell’economia americana è segnata proprio dalla rottura dei cartelli: le ferrovie, il petrolio, la telefonia. E anche adesso, da più parti, si dice che anche per il web sia arrivato il momento per l’antitrust di intervenire”.

Tornando al dibattito italiano, Daniele Bellasio, direttore de La Prealpina, suggerisce di cambiare l’approccio con cui parliamo e discutiamo di tecnologia. “Sui temi tecnologici l’Italia ha spesso seguito questo approccio: negare il presente e proibire il futuro – sostiene Bellasio -. Lo abbiamo visto anche recentemente con i referendum online: non appena abbiamo scoperto questo strumento, la politica ha sùbito pensato di proibirlo e regolamentarlo. A mio parere, si tratta di un approccio poco lungimirante e che difficilmente può portare a buoni risultati”.

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