Le nuove norme in tema di presunzione d’innocenza: aspetti tecnici e deontologici

Alla Sala Campiotti della Camera di Commercio si è tenuto un confronto sul decreto legislativo 188/21 che regola la presunzione di innocenza. La legge firmata dall’ex ministra della Giustizia Marta Cartabia, in vigore dal 14 dicembre 2021, assegna ai magistrati la responsabilità di giudicare cosa è di interesse pubblico, restringe il ventaglio delle fonti a disposizione dei giornalisti a quelli forniti dalle procure e allunga i tempi della comunicazione perché lega i giornalisti ai comunicati stampa, che spesso arrivano dopo giorni o mesi dai fatti di cui raccontano. Questi alcuni dei punti critici emersi durante il dibattito e che portano i giornalisti a chiedere un cambiamento della norma per tutelare la libertà di stampa.

Guido Camera, avvocato cassazionista del foro milanese, ha spiegato più nel dettaglio le novità introdotte dal decreto. «Con la riforma il parlamento agisce sul diritto di cronaca modificando alcuni aspetti fondamentali. Innanzitutto cambia la presunzione di innocenza, perché si è cercato di evitare il condizionamento mediatico sui giudici. All’Art. 2 si vieta di presentare l’imputato come colpevole. Solo quando la sentenza è irrevocabile si può parlare di colpevolezza e l’interessato ha il diritto di chiedere per esempio alla procura una rettifica pubblica qualora sia stato qualificato impropriamente come colpevole», puntualizza l’avvocato. All’Art. 3 si rafforza, invece, la regola preesistente per cui procure e vertici di polizia giudiziaria comunicano solo per vie ufficiali, come per esempio attraverso le conferenze stampa o i comunicati ufficiali.

A seguire Riccardo Sorrentino, Presidente Ordine dei Giornalisti della Lombardia, ha sintetizzato gli impatti della norma sulla professione: «Ci sono tre grossi problemi. Come prima cosa, le informazioni non vengono più date ai giornalisti né dalle procure né dalle Forze dell’Ordine; c’è poi la questione della verifica delle fonti che è diventata più complessa; è difficile anche creare rapporti con fonti alternative agli avvocati, che comunque difendono la loro parte della verità». Sorrentino ha poi raccontato come ogni procura interpreta la norma in modo diverso e si comporta di conseguenza. La fatica enorme per i giornalisti è legata, poi, alla necessità di raccogliere le informazioni in modo rapido, cosa che è diventata quasi impossibile con queste modifiche. Un altro aspetto critico è che i giornalisti lavorano nella paura di sbagliare e di incorrere in provvedimenti.

Sulla stessa linea Paolo Moretti, giornalista del giornale La Provincia di Como, che ha messo in luce i limiti dei comunicati stampa con cui si trovano a lavorare tutti i giorni a causa di una norma che chiede loro di affidarsi solo a documenti ufficiali: «Così diventa difficile dare la notizia, ossia fare i giornalisti. Nei comunicati mancano persino i criteri minimi che servono al giornalismo: chi, cosa, quando, dove. Diventa impossibile anche verificare le notizie perché i comunicati arrivano in ritardo, quando per esempio quel locale sotto sequestro è già stato riaperto». Il giornalista ha raccontato poi che a volte non è scritto neanche perché la persona coinvolta è stata condannata, che cosa ha fatto.
Il problema della tempestività della notizia si pone a maggior ragione per le agenzie di stampa. Benedetta Dalla Rovere, giornalista dell’agenzia LaPresse, ha ribadito quanto è diventato difficile dare informazioni accurate e in poco tempo nella situazione attuale. «Essendo costretti a dedurre gli aspetti che non ci vengono detti in modo chiaro nei comunicati ufficiali, incorriamo più facilmente in errore. Possiamo sbagliare persino i soggetti coinvolti e, di conseguenza, veniamo denunciati». A complicare la narrazione dei fatti di cronaca giudiziaria c’è poi la possibilità data ai protagonisti coinvolti di chiedere rettifica ai giornali nei casi in cui vengono citati esplicitamente anche se il loro nome non si trova sui documenti ufficiali, proprio grazie alle garanzie offerte dalla norma. «Quando ti rivolgi ai procuratori ti capita che ti rispondano che è illegale darti accesso agli atti, cosa che non è per niente vera. Piano piano, però, le nostre vecchie fonti stanno riacquistando fiducia e iniziano di nuovo a darci le notizie senza la paura di incorrere in punizioni», conclude con una nota di speranza Dalla Rovere.
I giornalisti, nonostante tutto, non sono scesi in campo contro questa riforma. Perché? Anche i giornalisti si trovano a dover fare un po’ di auto critica a causa degli errori in cui molti professionisti cadono. Se da una parte Sorrentino ha parlato di un documento che l’Ordine sta preparando per i procuratori, in modo da sfondare il muro della loro paura di sbagliare, dall’altra Camera ha posto l’accento su quando la stampa non svolge bene il proprio lavoro complicando i processi attraverso la pressione dell’opinione pubblica. «Non si può dimenticare – aggiunge l’avvocato – che abbiamo circa 30mila errori giudiziari all’anno censiti. La libertà di espressione ci deve essere e i giornalisti non devono esserne spogliati, bisogna garantire che chi fa informazione su una base deontologica sia garantito, quindi non si deve discutere sul diritto del giornalista ad accedere agli atti che riguardano la pubblica amministrazione. Tuttavia, si devono stabilire le regole per cui chi sbaglia incorre in provvedimenti reali. Inoltre, il giornalista dovrebbe avere anche il coraggio di svelare gli errori giudiziari. Non deve essere l’altoparlante delle procure, deve essere terzo e imparziale».
Il giornalista Moretti condivide che siano i giornalisti a prendersi certe responsabilità ma, a suo parere, l’Ordine dovrebbe avere più potere per intervenire: «I giornalisti si devono occupare di deontologia e fermare chi non la rispetta. Se potessimo tornare a fare il nostro lavoro con le carte in mano sarebbe, però, più facile lavorare in modo serio e non sbagliare». Sorrentino, d’accordo sul fatto che andrebbe rafforzato il potere dell’Ordine sull’aspetto deontologico, ha sottolineato che i giornalisti devono sforzarsi di fare sempre un esercizio di critica. L’Ordine, per esempio, ha creato una casella email proprio per raccogliere le segnalazioni dei giornali a proposito di comunicati stampa che presentano criticità. Ha anche aperto un dialogo con le procure sollecitandole sulla necessità di dotarsi di uffici stampa, che facciano da mediatori tra loro e i giornalisti.
In conclusione, Dalla Rovere spiega che i colleghi entrati adesso nella cronaca giudiziaria non riescono a crearsi dei contatti diretti con le fonti, non possono approfondire e sono costretti ad affidarsi ai comunicati stampa. «Chi per età non è potuto entrare in certi meccanismi e, a causa di questa norma, non ha avuto la mia stessa formazione non può dare informazioni accurate – spiega – . Bisogna passare dalla formazione per far sì che i giornalisti più giovani sappiano cosa hanno il diritto o no di chiedere, di dire o far vedere».

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