«Abbiamo bisogno di chiedere: perché?», il legame tra l’arte e le storie

Si può raccontare l’arte in tutte le sue forme togliendo dall’equazione la vista, il principale canale sensoriale con cui se ne fruisce? È la domanda da cui è partito il panel “Modalità alternative per il racconto dell’arte”, a cui hanno partecipato Chiara Alessi, esperta di design e podcaster autrice di Cosa c’entra, e Diego Cajelli, scrittore e podcaster autore di Super.

Ad aprire la discussione Chiara Alessi, che ha ammesso di provare un forte senso di colpa. «Viviamo in un momento storico complesso, sento una forte vergogna a occuparmi di temi che hanno a che fare con bellezza e leggerezza. Ma mi sono data questa spiegazione: la conoscenza e la scoperta sono per me un grandissimo rifugio. Perché sono dimostrazione che l’uomo è in grado di fare anche cose grandiose, non solo orrori».

L’idea per il podcast di Alessi parte durante il Covid, nel primo lockdown. Durante il quale inizia a pubblicare pillole video di massimo due minuti su elementi quotidiani e comuni di design. Secondo lei, era l’unico modo per tenere allenata la mente. Poi arriva la chiamata di Luca Sofri, de Il Post, che le propone lo spazio quotidiano per Cosa c’entra.

«Il podcast dà la possibilità di un percorso più teatrale. Di contenuti e storie il mondo è pieno, il problema è nella selezione e nel dinamismo del racconto», ha spiegato Chiara Alessi. «Ciò che l’intelligenza artificiale non riesce ancora a fare è connettere tra loro punti molto distanti tra loro, come invece riesce all’uomo. Ad esempio Aldo Moro e il tratto pen, con cui scrisse in due colori i suoi diari durante i giorni di prigionia».

Diego Cajelli, invece, si è soffermato su un altro lato del racconto dell’arte. L’idea di Super infatti è narrare tutto il metatesto che c’è dietro le opere di arte classiche. Che, secondo Cajelli, altro non sono che racconti fatti per essere goduti da chi non era in grado di leggere. E quegli stessi archetipi che rendevano comprensibili delle statue ferme, ora sono presenti in maniera profondissima dentro a ogni storia. Anche quelle dei supereroi, come Spiderman.

«Ogni singola cosa ha la sua storia, ogni granello di polvere sul pavimento ha la sua storia. E non c’è un solo modo per raccontarle». Il podcast, secondo lui, permette di solleticare un aspetto molto profondo rimasto nascosto nelle parti più ancestrali del nostro cervello, il racconto orale. Prima della scrittura, infatti, le storie si tramandavano a voce.  Anche se «tutto parte sempre dalla scrittura, che siano fiabe, fumetti, articoli o podcast. La scrittura però va poi adattata a come sarà fruita, adattando gli strumenti. È faticoso ma molto soddisfacente».

Chiara Alessi ha poi illustrato in breve il processo creativo alla base di un podcast: «Si parte da un punto, un piccolo segno nello spazio. E lo si trasforma in qualcosa facendosi seguire dall’ascoltatore. Praticamente si tratta di un lavoro di artigianato». E in questo viaggio, è necessario, secondo Alessi, fare tappa e approfondire il secolo scorso. «È impossibile raccontare la storia del ‘900 senza raccontare la storia delle sue invenzioni, delle sue creazioni, degli oggetti. Soprattutto per la ricchezza del rapporto tra cose e società».

E in questo ambito, l’istruzione in Italia non avrebbe fatto il suo lavoro. «È preoccupante che a scuola i ragazzi non studino da dove arrivano le cose con cui hanno a che fare ogni giorno», ha concluso Chiara Alessi. «Dalla plastica alla pena a sfera. E il nostro mestiere è quello di ricostruire la storia di ciò che ci circonda, riproponendo la domanda che più di tutte è presente nell’uomo: perché?».

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