Big data, il nuovo strumento per trovare e raccontare storie #glocal15

di Alessandra Vittori

“Si possono fare tante belle cose con i dati, ma farlo è difficile”. Lo ha detto Tommaso Bassani, giornalista di VareseNews, presentando il panel ‘Giornalismo con i dati’ al Festival del giornalismo locale e globale di Varese. “La materia nella sua interezza – ha continuato Bassani – è complicata e affascinante. L’uso dei dati non è alla portata di tutti e questo dà un valore aggiunto alla professione giornalistica”. A intervenire: Mario Mezzanzanica, docente del master sui Data alla Bicocca e Daniele Bellasio, giornalista del Sole 24ore.

Mezzanzanica ha spiegato come l’integrazione di diverse competenze sia un fattore chiave nel lavoro del giornalista. Nell’era dell’informazione valorizzare il patrimonio dei dati è estremamente importante, infatti il “Data scientist è colui che è capace di affrontare da un punto di vista metodologico i dati, in un’epoca di assuefazione alle conoscenze”.

La quantità di dati a nostra disposizione è enorme. Il compito del giornalista è quello di analizzarli e snocciolarne il significato per renderlo comprensibile a tutti.

Sono due i passaggi che occorre fare: si parte da una domanda a cui si risponde con i dati che abbiamo raccolto e poi si inizia a ragionare e si arriva a nuovi significati che il dato grezzo non mostra. Da qui si ricomincia con le domande. “La cosa più affascinante della lavorazione dei dati è la continua scoperta”.

Sono quattro le “V” dei big data: volume, velocità, varietà e veracità. Oltre al volume, la velocità è la rapidità con cui si recepisce il dato; il concetto di varietà riguarda la vastità di dati a disposizione soprattutto quelli che si trovano nel web (twitter, facebook, etc); il termine veracità significa che “se io devo usare delle informazioni sui dati, devo garantire che il dato in questione sia corretto qualitativamente”.

Il processo del trattamento dei dati sta diventando sempre più rilevante. La cosa interessante da sottolineare “è che non sono i dati di per sé informazione, ma sono le domande che ci si pone a renderli informativi, domande che aumentano continuamente”.

Bellasio invece ha pensato di usare i dati per fare il giro di nera.

“Nel tentativo di trovare una redazione dove mi facessero fare questo famoso giro ho pensato che il giro di nera si può fare davanti a un pc con i dati. Nasce così il ‘giro di nera 2.0’ nei dati”.
Sui social si trovano notizie.

“Non si va su twitter per twittare – ha detto Dick Costolo, ex amministratore delegato del social network – ma per fare un giro tra le notizie”.
Bellasio ha portato come esempio quello che ha definito un tweet perfetto, pubblicato da Barack Obama dopo la rielezione.

Bisogna però considerare sempre come vengono date le notizie. Perché se da un lato c’è l’aspetto positivo, quindi la rielezione, l’abbraccio commovente del presidente con la moglie, dall’altro c’è anche l’aspetto negativo perché chi guarda inizia a chiedersi “quante volte Michelle avrà indossato quell’abito?”. Ma ci sono software per scoprire se un tweet è negativo o positivo.

I big data dunque servono anche a raccontare delle storie.

Secondo Bellasio le redazioni nel 2050 saranno composte da competenze diverse e trasversali rispetto a quelle attuali. Il lavoro del giornalista è complesso: deve mettere ordine, deve essere uno strumento di selezione e deve svolgere un ruolo di aggregatore come se fosse un “motore di ricerca”.

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