Il tempo del giornalismo e quello della storia si incontrano nella devozione assoluta verso le fonti

“Non c’è una risposta alla domanda ‘qual è la differenza tra il tempo della storia e il tempo del giornalismo?‘”. Il giornalista e scrittore Pier Vittorio Buffa è convinto che molto spesso il mestiere di giornalista e quello di storico, pur utilizzando approcci diversi, si incontrano nei metodi di ricerca.

“Il 25 aprile 2015, per Repubblica immaginai di essere un cronista che stava in centro a Milano nel giorno della Liberazione e che raccontava quello che stava succedendo. Il giornalista può contribuire alla storia se aggiunge dei particolari, e se fa un lavoro divulgativo. Quando un giornalista usa i documenti dello storico, incrocia i dati e racconta- spiega Buffa all’incontro “Il tempo del giornalismo e della storia” del festival Glocal di Varese- Il giornalista, però,  può fare quello che vuole. Di fronte ad una serie di documenti può decidere di cosa parlare, può effettuare una scelta arbitraria“. Ecco perché, secondo Buffa il giornalista riesce a raggiungere più facilmente l’interesse delle persone: “Si parla di cronaca di storia, ovvero l’applicazione degli strumenti del giornalista alla cronaca del passato”.

La storica e ricercatrice per la Fondazione Museo della Shoah, Isabella Insolvibile, ha a lungo riflettuto sulla differenza tra il tempo della storia e del giornalismo. “Che cos’è la storia? L’insieme di cose accadute in un tempo concluso, nel passato. Gli storici lavorano su eventi conclusi in un tempo chiuso, finito. Per noi storici lo scoop non esiste, se ne parla almeno 5 anni dopo, proprio per non fare pasticci e raccontare qualcosa di sbagliato. La storia lavora a un singolo evento, in un contesto più grande e particolare. Senza il contesto noi storici non analizziamo niente. Noi interpretiamo, spoileriamo”. Insolvibile però concorda sul fatto che ci siano degli elementi in comune tra le figure dello storico e del giornalista: ” Una cosa che accomuna noi storici e i giornalisti sono le fonti, per cui abbiamo una devozione assoluta ma non incondizionata”.

Per il giornalista Nicola Maranesi,  “Il metodo di lavoro è una parola chiave” per comprendere meglio la continuità tra i due mestieri. L’utilizzo meticoloso delle fonti è un grande punto in comune. Anche l’evoluzione tecnologica e culturale spinge questi ambiti lavorativi a toccarsi”.

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